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Premessa



Nel dicembre del 2009 una commissione d'inchiesta, nominata dal governo irlandese per indagare sulle responsabilità delle gerarchie della Chiesa cattolica nella gestione di casi di abusi sessuali e pedofilia da parte di esponenti del clero irlandese, ha pubblicato il suo rapporto conclusivo. La commissione, presieduta dal magistrato Yvonne Murphy, ha messo in luce i comportamenti omissivi e in molti casi omertosi con cui vescovi e arcivescovi dell'arcidiocesi di Dublino hanno affrontato il fenomeno delle violenze sessuali nei confronti di bambini e ragazzi commesse all'interno delle parrocchie e delle istituzioni assistenziali governate dalla Chiesa, scuole e ospedali.

Eccezzion fatta per alcuni articoli apparsi sulla stampa italiana con estrema parsimonia (le televisioni lo hanno sistematicamente ignorato), il rapporto Murphy non ha avuto in Italia l'eco che probabilmente merita e questo è già un buon motivo per tradurre le parti più significative del documento e metterle a disposizione del pubblico in questo volume.

Le conclusioni che gli inquirenti irlandesi traggono sono chiarissime. Per molti anni l'unica preoccupazione delle gerarchie ecclesiastiche chiamate a misurarsi con questo problema è stata quella di tutelare, ben prima delle vittime degli abusi, il “buon nome” della Chiesa, la sua reputazione e, non ultimi, i suoi cospicui beni materiali messi a repentaglio dalle richieste di risarcimento avanzate da chi quegli abusi ha subito. Troncare e sopire è stata la regola: lasciare che fosse il tempo a diluire la rabbia delle vittime, sperando che dimenticassero o perdonassero.

Solo recentemente, nell'impossibilità di ignorare ulteriormente gli scandali che sono esplosi prima negli Stati Uniti, nella diocesi di Boston, poi in Irlanda, la Santa Sede e papa Benedetto XVI hanno mostrato l'intenzione di fronteggiare con determinazione i casi di pedofilia e abusi sessuali e correre ai ripari. Il 16 febbraio 2010, al termine di un summit di due giorni con l'episcopato irlandese, Benedetto XVI ha comunicato urbi et orbi la sua volontà di fare chiarezza sulle responsabilità delle gerarchie irlandesi e di fare pulizia nelle file dei preti. Ha perfino annunciato una svolta che tutti i commentatori hanno considerato straordinariamente innovativa, e cioè la volontà di collaborare con la magistratura e gli altri organi giurisdizionali civili. Inoltre ha ammesso, con parole di una prudenza probabilmente eccessiva, che in passato “sono stati commessi errori di valutazione e omissioni”.

A dire il vero, la presa di posizione delle voci ufficiali del Vaticano sul problema è apparsa, anche la più recente, povera e deludente. È difficile far capire alle vittime di violenze sessuali da parte di preti che si è trattato di “errori” e non semplicemente di crimini. Anche la volontà espressa di collaborare con le autorità civili cosa vuol dire veramente? Qual'è la linea? Collaborare con gli investigatori se e quando i casi di abuso sessuale emergono, o denunciare anche quelli che non sono emersi? Il papa non lo spiega. C'è poi infine da dire, e questo libro ne può dare ampia prova, che l'intervento di Benedetto XVI del febbraio 2010 ha concentrato la sua attenzione sul caso irlandese, portato alla luce in modo fragoroso dal rapporto Murphy e, prima ancora, dal rapporto Ryan. Non una parola sull'Italia, per esempio, dove non mancano certo i casi di pedofilia e abusi sessuali commessi da preti e prelati di rango. Nelle pagine che seguono il lettore troverà esempi a dir poco imbarazzanti di come la Chiesa, in Italia, ha spesso ostacolato, ignorato, o coperto con la più genuina omertà, storie di preti violentatori e criminali, risparmiando con stupefacente parsimonia ogni parola che potesse suonare di solidarietà, comprensione e rammarico nei confronti delle vittime.

Il peccato nascosto esce dunque in libreria in un momento di grandi turbolenze per Santa Romana Chiesa e per il pontefice Benedetto XVI. Sempre nel febbraio scorso proprio il papa ha voluto difondere un comunicato ufficiale, sulla scia del caso Boffo (l'ex direttore di Avvenire costretto alle dimissioni da una sinistra operazione mediatica messa in atto dal direttore del Giornale, Vittorio Feltri, e fondata sulla pubblicazione di veline anonime), denunciando l'esistenza di una “campagna diffamatoria contro la Santa Sede che coinvolge lo stesso romano pontefice”. Quella di gridare al complotto è in Italia un'abitudine diffusa, soprattutto quando mancano argomenti migliori e più solidi, e così e possibile che anche la pubblicazione di questo libro venga inserite nelle manovre oblique di un qualche partito iperlaicista ansioso di sabotare la parola e l'autorità di Santa Romana Chiesa. Pazienza.

Il governo di Dublino, proprio per la grande importanza e presenza che la Chiesa cattolica ha nella società irlandese, non ha esitato a creare una commissione d'inchiesta indipendente per cercare di avvicinarsi alla verità e capire quanto fosse esteso il fenomeno della pedofilia all'interno delle istituzioni della Chiesa. Il lettore potrà costruire la propria opinione leggendo le pagine dedicate al caso irlandese. Ma si potrebbe mai immaginare una scelta simile da parte di un governo italiano, di destra o di sinistra che sia? Chi avrebbe mai il coraggio di affidare un'indagine del genere a una commissione d'inchiesta indipendente? Quale politico italiano sarebbe mai disposto a sfidare i furori dell'episcopato pur di far luce su un fenomeno che nel nostro Paese è diffuso quanto e forse più che in Irlanda? È con tutta evidenza un'ipotesi puramente fantastica.

Eppure l'Italia, il cuore di Santa Romana Chiesa, è tutto fuorchè immune da storie spesso anche atroci di pedofilia, di autentiche sevizie nei confronti di bambini (come nel caso della piccola Alice e di don Giorgio Carli, a Bolzano), di abusi da parte di educatori in tonaca che sfruttano l'ascendente che un prete può avere nei confronti di un bambino e della sua famiglia per commettere delitti intollerabili. È per questo che, accanto al rapporto Murphy, Il peccato nascosto pubblica alcune storie italiane, solo un piccolo campione di ciò che si può trovare più o meno sepolto nelle cronache locali dei quotidiani, nelle procure della Repubblica che talvolta sono chiamate a intervenire.

Le violenze subite, e subite proprio da parte di coloro che si propongono come educatori e come sostegno caritatevole di ragazzi nella stragrande maggioranza dei casi provenienti da famiglie relegate nella marginalità sociale, generano nelle vittime, nella loro formazione, nella loro vita, conseguenze indelebili. Lo spiega bene il drammatico dialogo che pubblichiamo tra il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Roma, Francesco Scavo, e un teste d'accusa nel processo in corso a Roma contro l'ex parroco della Natività di Maria Santissima, don Ruggero Conti. Dice il teste: “io tutt'ora all'università non so con chi studiare perché non mi fido di nessun collega a cui dire 'studiamo insieme', perché non mi posso fidare fino a quando io non le reputo degne. E non lo potranno mai essere, perché le persone che sono state reputate degne da altri e che hanno avuto a che fare con me, mi hanno fatto soffrire. Questo è quello che provo ora, ecco perché tremo e sono nervoso e c'ho la voce lacrimante; perché se potessi piangerei”.

È bene ripeterlo: in questo volume il lettore troverà solo un piccolo campionario di una realtà molto più estesa di quanto si possa pensare. È il lato più oscuro e oscurato della vita della Chiesa nel nostro paese. Se davvero Benedetto XVI ha deciso di illuminare questo angolo buio senza ipocrisie e di emendare il grande corpo della Chiesa da questo maleficio, tuttii credenti non potranno che rallegrarsene.

Un'ultima avvertenza. Nelle storie raccontate in questo libro spesso sono stati usati nomi di fantasia nell'intento di tutelare soprattutto le vittime degli abusi. Lì dove compaiono nomi autentici, nel caso di preti responsabili e vescovi coinvolti, è solo perché essi sono già venuti ampiamente alla luce. Le vicende narrate, infine, sono state in alcuni casi ricostruite attraverso documentazione giudiziaria, rapporti di indagini investigative dei carabinieri o della polizia, deposizioni di testi davanti ai pubblici ministeri o in aule di tribunale. I loro racconti sono talvolta molto crudi, e ciononostante è stato deciso di non addolcirli né attenuarli, per mantenere intatta la percezione dei fatti, così come essi sono avvenuti.



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